Il domain name: un bene prezioso troppo spesso sottovalutato

Domini e Rete Internet rappresentano sempre più i veicoli tramite cui gli operatori del mercato creano domanda e incontrano offerta al fine di potenziare, valorizzare e talvolta rivoluzionare i propri canali di vendita o di distribuzione.

Un sito web rappresenta a tutti gli effetti una vetrina sul mondo ed il nome a dominio non è, pertanto, solo la “semplice” sequenza alfanumerica  che digitiamo durante la navigazione in Internet per raggiungere un sito web.

Il nome a dominio, come ho già avuto modo di spiegare in un mio precedente post (Come si sceglie un marchio e quali sono le insidie legate alla sua scelta?) è considerato dalla legge esattamente alla stregua di un marchio.

Il perché è intuitivo: come il marchio, il domain name funge da indicazione di provenienza; è il mio marchio sulla rete.

Il nome a dominio, tuttavia, è un bene immateriale che con pochi euro all’anno fornisce un enorme valore strategico ed economico al suo titolare.

Ne discende che la scelta di un domain name influisce su vari aspetti della società che ne è titolare e dei prodotti che veicola.

Il nome a dominio finisce quindi per avere diverse funzioni.

Veicola l’identità della società: il nome a dominio è il nome con il quale una società, i suoi prodotti o i suoi servizi si presentano tramite il web.

Ma non solo.

Il domain name influisce direttamente sul posizionamento nei motori di ricerca, rendendo più o meno agevole trovare il sito internet cui è collegato.

Non bisogna poi dimenticare che collegato al nome a dominio vi sono le email, che a loro volta vengono utilizzate per contraddistinguere il prodotto/servizio della società.

Il tutto senza contare che il nome a dominio, esattamente come il marchio, è un asset con un suo preciso valore economico, come tale monetizzabile.

Ed il valore economico dipende, come intuibile, da molteplici fattori, primo fra tutti l’univocità con cui tale nome a dominio viene ad essere identificato. La compresenza di un numero più o meno elevato di altri domini che possano richiamare direttamente o indirettamente il proprio nome a dominio rischia, ad esempio, di compromettere drasticamente il traffico di utenti e quindi l’appetibilità commerciale dello stesso.

Troppo spesso, tuttavia, il nome a dominio viene del tutto dimenticato: si pensa cioè a registrarlo da ultimo e troppo spesso non in contemporanea con la scelta/il deposito del marchio.

Con la conseguenza che quando si decide di registrarlo può essere troppo tardi: può essere già in titolarità di qualcun altro o può esistere un nome a dominio molto uguale o simile al proprio.

E troppo spesso, per ovviare a questo impedimento, il prodotto o il servizio si dovrà chiamare in un modo mentre il nome a dominio si chiamerà in modo del tutto differente: con ciò rendendo tutto più complicato,   considerato il fatto che lo scopo principale del nome a dominio dovrebbe essere la facile reperibilità del proprio marchio in rete ed implicando, così, anche una perdita dal punto di vista del valore dei propri asset.

Quindi prima di registrare un dominio è buona norma assicurarsi che non ci siano nomi a dominio uguali o simili al proprio o che non esistano marchi uguali o simili al proprio domain name depositati per lo stesso settore o già noti nel mercato da molto tempo.

Ove ciò non bastasse, in molti casi, il nome a dominio viene lasciato alla discrezione della persona che lo registra, spesso, il fornitore responsabile della progettazione del sito web.

Per facilità, addirittura, si sceglie di lasciare che il provider registri il nome di dominio a suo nome. Questo è legalmente rischioso ma non pone un problema nella pratica … finché non si vuole cambiare fornitore.

A ciò aggiungasi che in alcuni casi il titolare del nome a dominio può anche essere una società diversa da quella che è titolare del marchio.

Ma cosa succede se questa società fallisce? Il nome a dominio finirà nel calderone del fallimento!

In altri casi, quando si tratta, ad esempio, dello stadio embrionale di un progetto, la titolarità risulta in capo alla persona che avvia il progetto o ad uno dei soci. Ma se costui abbandona il progetto o fuoriesce dalla società, cosa succede? E’ evidente che questo potrebbe creare dei problemi per coloro che continuano.

Il titolare potrà farne ciò che vuole, se non addirittura, nel caso di dissapori con gli altri componenti del gruppo/soci, venderlo a terzi o usarlo in concorrenza.

Molti problemi possono dunque nascere da una scelta presa “alla leggera”: l’importante è identificarli a monte, in modo da non scoprirli quando è troppo tardi.

 

TRATTO DA: Startup tra Diritto e Rovescio. Una nuova rubrica legal su StartupItalia

Autore: Alessandra Fiumara

Fonte: Start up Italia

Data: 23 Luglio 2021